Cattura Matteo Messina Denaro. Capitano Ultimo: “La mafia non passa”

Cattura Matteo Messina Denaro. Capitano Ultimo: “La mafia non passa”

Cattura Matteo Messina Denaro. Capitano Ultimo: “La mafia non passa”. Non potevano mancare le parole del carabiniere che nel 1993 catturò Toto Riina dopo che a finire in manette, lunedì 16 gennaio, è stato Matteo Messina Denaro dopo una latitanza duranta 30 anni.

INDAGATO IL MEDICO DI MESSINA DENARO

Il capitano Ultimo

“È stata una bellissima giornata che ha detto cose belle e chiare con le parole semplici dei carabinieri, e cioè che la mafia non passa”. Così il colonnello Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, l’uomo che il 15 gennaio di 30 anni fa catturò Totò Riina, ha commentato con l’AdnKronos l’arresto di Matteo Messina Denaro. De Caprio si sofferma sui 30 anni di latitanza del superboss, che per molti dimostrerebbero che Messina Denaro ha goduto di protezioni: “Siamo felici della giornata, fieri delle nostre forze di polizia, della nostra magistratura – sottolinea –  sappiamo che poi ci sono gli sciacalli di sempre che fanno e faranno gli sciacalli di sempre, come già disse in modo chiaro il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Degli sciacalli non parlo, li lascio ai dotti, medici e sapienti”.

La cattura

C’è chi già ipotizza che Messina Denaro si sia in realtà consegnato, magari dopo una trattativa: «Io ho visto che Messina Denaro è stato preso – chiosa Ultimo -, ora, se i latitanti non vengono presi non va bene, quando vengono presi non va bene, che si mettessero d’accordo su cosa vogliono”.

LA CATTURA DEL BOSS NELLE PRIME PAGINE DI TUTTO IL MONDO

La felicità di Maria Falcone

“È una vittoria di tutta la società italiana. Occorreva un salto generazionale, come auspicava Giovanni. Impressionante come tutti battessero le mani davanti a quella clinica, per strada, fra gli autobus, i passanti pronti ad abbracciare i carabinieri con i loro giubbotti antiproiettile. Immagini ben diverse da quando i parenti dei boss si accanivano e inveivano a Palermo contro funzionari e agenti di scorta”. Lo afferma, in un’intervista al Corriere della Sera, Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci.

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