Deportazione degli ebrei, dalla Tuscia finirono ad Auschwitz dodici persone

Deportazione degli ebrei, dalla Tuscia finirono ad Auschwitz dodici persone

Deportazione degli ebrei, dalla Tuscia finirono ad Auschwitz dodici persone. La Tuscia ha pagato il suo tributo alla follia razzista del nazifascismo. Prima con gli internamenti dovuti alle leggi razziali del 1938, poi con le deportazioni verso i campi di sterminio. Ne parla lo storico Antonio Quattranni, specialista in didattica dei beni culturali e autore di diverse pubblicazioni riguardanti la storia, l’antropologia e la didattica del territorio, in particolare della Tuscia.

BOOM DI VISITE A VILLA LANTE

La deportazione

Il suo ultimo libro, La Circassa, uscito per i tipi di Annulli alla fine dell’anno scorso, è dedicato a Cesare Pinzi, storico della città di Viterbo, che nel 1868 compose un poemetto – La Circassa, appunto – ispirato all’omonimo balletto che veniva rappresentato al teatro Unione. La storia delle persecuzioni razziali comincia nella seconda metà del 1940 quando, ricorda Quattranni, “si punta l’attenzione soprattutto sugli ebrei stranieri residenti nel territorio italiano”. Così “nel ’42 risultano internate nella provincia di Viterbo 448 persone, non solo ebrei ma anche cittadini considerati nemici od oppositori del regime. Nel ’43 sono circa 335. I comuni interessati al fenomeno dell’internamento sono 32, contattati dalla prefettura, idonei a ricevere gli internati. Nel ’43 ne risultano 27 ad Acquapendente, 14 a Bagnoregio, 30 a Montefiascone, 11 a Caprarola, 18 a Tuscania 14 a Bolsena”.

IL SINDACO RICORDA LE RIPRESE DI PINOCCHIO

Dalla Tuscia ad Auschwitz

“Si sa che nella provincia di Viterbo vennero arrestati, dal dicembre del ’43, 12 ebrei, 9 dei quali erano italiani, e la maggior parte di loro fu deportata ad Auschwitz. Furono prima portata a Santa Maria in Gradi, dove erano concentrati, poi alcuni vennero trasferiti nel campo di Fossoli, in provincia di Modena, che era il primo passo che portava nella città polacca. E’ difficile dire cosa sia accaduto nei paesi della provincia, perché la documentazione si ferma al momento del trasferimento. Dopo si perdono le tracce, alcuni di loro si sono salvati facendosi ospitare da altre famiglie”, spiega Quattranni.

Andrea Tognotti

ARTICOLO COMPLETO SUL CORRIERE DI VITERBO DEL 25 GENNAIO