Dieci anni di Zingaretti: nessuna grande opera e tante occasioni perse
Con le elezioni regionali di domenica e lunedì si chiude anche in provincia di Viterbo l’epoca Zingaretti, incarnata sul territorio dal consigliere del Pd Enrico Panunzi. Un ciclo lunghissimo, durato 10 anni, durante i quali la Tuscia ancora una volta è salita agli onori delle cronache per la sua fisionomia di Cenerentola del Lazio. E’ stato così anche in passato, ma va detto che stavolta il bilancio finale è il più scarno di sempre. Non restano alcun progetto importante realizzato, nessuna grande opera, mentre è lunghissimo l’elenco delle occasioni perdute.
Sanità e infrastrutture
I problemi che non sono stati risolti, ma che addirittura si sono aggravati, riguardano in particolare la sanità (siamo tra le province d’Italia non a caso con il più alto indice di migrazione); lo smaltimento dei rifiuti, con Monterazzano diventata la discarica del Lazio; e le infrastrutture: dalle strade (basti pensare alla Orte-Civitavecchia ancora lontana dall’essere completata) alle ferrovie, in primis la Roma Nord. A ben guardare di soldi ne sono anche arrivati, ma si è trattato per lo più di tante elargizioni a pioggia decontestualizzate da qualsiasi progettualità di ampio respiro, avvenute cioè in mancanza di un disegno chiaro di sviluppo e come tali funzionali a una logica di consensi e preferenze più comoda alla politica che alla collettività in senso stretto.
Tuscia pattuimiera del Lazio
La Tuscia, come detto, è diventata la pattumiera del Lazio grazie all’ormai noto emendamento Panunzi alla legge sui rifiuti, che prevede per l’Ato forte (in questo caso Viterbo a causa della presenza della discarica di Monterazzano) l’obbligo di aiutare gli Ato deboli (Roma e il Sud del Lazio). Sulla sanità, oltre alla migrazione, gridano vendetta le liste di attesa e la situazione da bolgia infernale in cui versa Belcolle: basti vedere il pronto soccorso, dove mancano medici e infermieri.
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Agricoltura in sofferenza
Poi, problemi non risolti, anzi aggravati, per l’agricoltura, piegata alla nocciolicoltura e insidiata dagli impianti fotovoltaici e dai biodigestori. Inoltre, l’acqua, che nessun viterbese beve nonostantre tariffe sempre più alte a causa di quei dearsenificatori costosissimi che non hanno risolto il problema dell’inquinamento “naturale” delle falde.
In generale, si sono ridotti i servizi, ma anche i diritti, se è vero che tutto questo stato di cose ha finito con l’alimentare alla fine un sistema piuttosto clientelare, laddove sembra essere diventato normale il doversi raccomandare al potente di turno per avere ciò che spetta di diritto. Colpa, ciò, anche di un evidente trasversalismo incentivato dagli amministratori locali supini ai diktat regionali. E colpa pure della trasversalità cementata dal potere spartitorio tra i partiti. Tutti in fila in questi anni per raccogliere briciole di potere regionale senza alcuna visione vera o progetto di sviluppo
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