Scuola: diminuisce il numero degli alunni ma aumentano le classi pollaio nella Tuscia
Saranno 37.320 gli alunni che a settembre siederanno sui banchi delle scuole viterbesi di ogni ordine e grado: 176 in meno rispetto ai 37.496 di quest’anno che ormai sta volgendo al termine. I numeri ufficiali e definitivi descrivono una vera e propria emorragia determinata dal crollo delle nascite. Un’emorragia che nel giro di pochi anni avrà pesantissime ripercussioni anche sugli organici, come avverte la segretaria provinciale della Uil Scuola Silvia Somigli, secondo cui questo drammatico trend può diventare un’opportunità per rivedere il modello di scuola. E’ dei giorni scorsi, infatti, la denuncia della stessa Somigli sull’altra faccia paradossale del sistema scolastico italiano: le classi pollaio. Anche il prossimo anno nella Tuscia ci saranno decine di aule stracolme, fino a superare in diversi casi il massimo consentito dalla legge, in particolare in presenza di alunni con disabilità.
Da una parte, dunque, la popolazione scolastica diminuisce inesorabilmente, dall’altra il numero degli alunni per classe sale, o continua ad essere troppo elevato per garantire una didattica efficace da parte degli insegnanti, costretti a gestire troppo spesso gruppi da 30 alunni.
Ma il dato ancora più eclatante, quello che rappresenta l’evidente sintomo della denatalità che ha colpito l’Italia più di tutti gli altri Paesi europei (come evidenziano i più recenti dati statistici), è che la diminuzione degli alunni interessa soprattutto la scuola dell’obbligo. Di contro, settembre sui banchi delle superiori si registrerà un incremento di ben 243 studenti. Ciò significa che, al netto di questo numero, nelle scuole dell’infanzia, nella primaria e nelle medie della provincia di Viterbo il crollo tocca la cifra record di 419 unità.
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In pratica la scuola dell’obbligo è già in piena crisi di iscrizioni, mentre nella secondaria di secondo grado lo tsunami non è ancora arrivato, ma inevitabilmente arriverà nei prossimi anni. “Sono dati tristi e drammatici – commenta Silvia Somigli – perché segnalano un trend difficile da invertire, se non attraverso un ripensamento totale delle politiche sociali del nostro Paese, in grado di spingere i giovani a fare più figli, come avviene in molti stati del Nord Europa”. Ma nell’attesa che questo avvenga – se mai avverrà – il ministero dell’Istruzione e del merito potrebbe fare di necessità virtù. Ovvero diminuire il numero di alunni e studenti per classe.
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S’è visto già durante tutto il periodo del Covid gli effetti nocivi degli assembramenti sotto il profilo sanitario. Ma quelli sulla didattica non sono da meno: “Gestire classi da 30 alunni, soprattutto in alcuni istituti – è sempre la segretaria della Uil Scuola a parlare – è un’impresa improba per i docenti, con tutte le conseguenze negative del caso che ciò determina sulla qualità dell’insegnamento. E’ quindi arrivato il momento di abbassare drasticamente il limite di alunni per classe. Questo permetterebbe, peraltro, di creare ambienti scolastici più in linea con quella nuova didattica delle competenze non più basata sulla classica lezione frontale. Didattica della quale tutti oggi ci riempiamo la bocca, salvo poi non avere la possibilità di applicarla concretamente.Senza contare che la riduzione delle classi ci permetterebbe di sventare un’altra drammatica emorragia che non possiamo assolutamente permetterci: quella dei posti di lavoro”.